Donato Grimaldi Ho vissuto un’infanzia segnata da difficoltà economiche, mancanza di supporto familiare e situazioni di affido instabili. La mia famiglia biologica era caratterizzata da povertà economica, mancanza di sostegno spirituale e culturale. Mia madre faceva un lavoro precario, forse in una pasticceria, mentre mio padre era un alcolista e lavorava come lava scale. Ho tre fratelli, ma tutti in affido, e ho perso i contatti. Il primo affido avvenne a sei anni, ma non ebbe successo. In seguito, fui collocato in una famiglia ad Andria, dove sono rimasta per molti anni, ma soffrivo. Alla fine sono fuggito e sono finito in una comunità minorile. Frequentavo la scuola e lavoravo per contribuire al sostentamento della mia famiglia; spesso però tornavo a casa affamato e non trovavo cibo. Le assistenti sociali e le istituzioni hanno svolto un ruolo cruciale nella mia vita. La dottoressa Tina Macchia, che dirigeva l’ufficio dei servizi sociali di Capurso, mi collocò in una comunità minorile, ed in quel periodo ho conosciuto l’amore della mia vita, una ragazza che aveva bisogno di affetto e rispetto tanto quanto me, ma che ora non c’è più a causa di una malattia. Tutto è cambiato quando, raccogliendo le ciliegie, ho incontrato la mia attuale famiglia, trovando un ambiente amorevole e affettuoso, a cui sono grato. La mia storia dimostra che l’affido può essere uno strumento potente per aiutare i bambini in difficoltà, se gestito con cura e sensibilità.