Ettore Majorana, scomparso il 25 marzo 1938, cambiò nome a Polistena (RC), approfittando del fatto che il 7 luglio 1920, durante una protesta, erano stati distrutti gli archivi dell’Ufficio Anagrafe-Stato Civile, in seguito ricostruiti in base al Registro Battesimi della Parrocchia, e/o dietro Dichiarazione Sostitutiva di Atto di Notorietà dei soggetti interessati. La dichiarazione dello scienziato (10 giugno 1931), fu ratificata e trascritta nel Registro Nascite di Polistena il 5 dicembre del 1933. Ettore Majorana, nuovo “Mattia Pascal”, dichiarò essere Giovanni Carlino nato a Polistena il 6 gennaio 1890. Dopo la fuga si nascose in Calabria dove due suoi familiari lo incontrarono in un “vallone boscoso, ospite di pastori”, luogo in effetti esistente nel territorio di San Luca (il paese di Corrado Alvaro), dove si presentò quale orologiaio. Vi rimase fino al 1939-1940, quando si rifugiò nel convento “La Certosa” di Serra San Bruno. Nel dopoguerra ritornò a San Luca, che talvolta lasciava anche per lunghi periodi. La popolazione lo adottò collettivamente assegnandogli il titolo nobiliare “Don”. Don Carlino quindi, semplicemente Don Carlino. Giovanni Carlino cessò di vivere l’8 gennaio del 1962. Lo scienziato si servì anche di una seconda falsa identità anagrafica intestata a Immacolata Maria Stella Salerno, nata a Fabrizia il 21 giugno 1896, trasfigurazione di sé stesso. La barba rada, i lunghi capelli, le diverse acconciature gli permettevano di camuffarsi: maschio-femminino, ovvero una donna mascolina. Maschera già sperimentata dal 1934 al 1937, subito dopo la ratifica ufficiale della nuova identità civico-anagrafica acquisita a Polistena. Ciò, ovviamente, solo quando lasciava San Luca. Fu costantemente vigilato da agenti segreti e controllato dai propri familiari. Tant’è che le spoglie di Ettore Majorana, esumate a San Luca, furono traslate a Catania con una messinscena da romanzo giallo. Ci fu anche la finzione del decesso dell’immaginaria Immacolata Salerno.