Nel gennaio del 1925, André Breton consegna le chiavi del surrealismo ad Antonin Artaud: in lui Breton ha individuato la forza che può scuotere un movimento che, nato per cambiare il mondo, sembra ormai già prossimo a liquefarsi in una soluzione esclusivamente artisitco-letteraria. Breton non si inganna: sotto la guida di Artaud, il surrealismo acquista effettivamente uno spessore rivoluzionario. Tuttavia, opponendosi punto per punto alle concezioni teoriche e alle disposizioni pratiche di Breton, abolendo la scrittura automatica e capovolgendo approccio ed aspettative relative al sogno, il surrealismo di Artaud assume i connotati di un vero e proprio contro-surrealismo. Così, mentre imperversa la rivoluzione di Artaud, in un Breton che non riesce a coglierne la profondità dei presupposti e delle finalità, si avvia quel processo di riformulazione dell’essenza propria del surrealismo. Una rielaborazione che, sfociando nella svolta politica e anteponendo quindi l’emancipazione sociale dell’uomo alla sua liberazione spirituale, non potrà che condurre all’estromissione di Artaud, che il 23 novembre 1926 viene ufficialmente espulso dal surrealismo.
Questo lavoro parte dalla rottura tra Artaud e Breton per ricostruirne la genesi, districarne le radici, per rintracciare cioè le motivazioni di uno scontro spesso trascurato, ma la cui portata ebbe un ruolo decisivo nella vita del movimento, se è vero che è a partire dal cammino di Artaud nel surrealismo che il surrealismo stesso si troverà ad affiancare, nel proprio cammino, alla gamba poetica di Rimbaud quella politica di Marx. Una osservazione multifocale, disposta su tre assi di riflessione (biografico, filosofico, politico-sociale) permette di scomporre, esaminare e ricucire la storia del rapporto tra Artaud e Breton nel surrealismo, e di stabilire, recuperando testi e documenti poco frequentati, quel che effettivamente il surrealismo è stato tra il 1924 e il 1927.