“Un anno alla Trampa” è un romanzo autobiografico, un libro di memorie di interesse anche sociale. Racconta del periodo trascorso dall’autrice in Venezuela, dove lavorò come insegnante in un cantiere italiano fra il 1979 e il 1981. La narrazione presenta uno spaccato di storia che riguarda molti italiani espatriati nei decenni che seguirono l’ultimo dopoguerra fino agli anni ’90. A quei tempi, quando le imprese ricevevano grandi commesse per la costruzione di importanti impianti in paesi perlopiù del Terzo Mondo (come si diceva allora), ma non solo, i lavoratori italiani si trasferivano insieme alle loro famiglie creando veri e propri villaggi in habitat geografici originariamente inospitali, spesso dominati dal deserto o dalla giungla. La Trampa è il nome di un villaggio sorto sulle Ande venezuelane dove, a cavallo degli anni ‘70/’80, l’Impregilo costruì una diga per l’energia elettrica sul fiume Uribante. Questo libro descrive la vita e le esperienze vissute, e al contempo propone alcuni reportages volti ad approfondire la conoscenza dei territori e delle popolazioni limitrofe. L’autrice vorrebbe sottolineare che questo suo scritto non è opera di fantasia, ma si attiene fedelmente e oggettivamente alla realtà di quei luoghi e di quei tempi, in quanto riporta memorie autentiche, conservate grazie alle lettere che inviava a parenti ed amici e che costituiscono la fonte di questo racconto.
In questo romanzo l’autrice è come se ci conducesse per mano alla scoperta di un mondo davvero distante e singolare. E ciò, attraverso la narrazione di un’esperienza di lavoro molto significativa, condivisa con il marito in Venezuela nei primissimi anni della professione. In queste pagine risalta la capacità descrittiva, oltre che letteraria, sfoderata dalla narratrice tanto nel rappresentare la fisicità dei luoghi quanto nel diffondere e rendere palpabili le atmosfere di cui questi sono permeati. Insomma, Isabella, attraverso un’esposizione sempre ricca di contenuti, sa conquistare il lettore, coinvolgendolo emotivamente nelle sue piccole o grandi disavventure e stabilendo così quel legame di vicinanza, complicità e simpatia che rende ancor più avvincente ed irrinunciabile “accodarsi” a lei, passo passo, negli itinerari più impensabili. Ecco quindi che il racconto si snocciola, con gradevolissima fluidità, ed accrescendo l’interesse grazie ai tanti aneddoti che lo arricchiscono, attraverso la narrazione di episodi di vita quotidiana, frequentazione di nuove amicizie alla Trampa e non solo, e viaggi ed esplorazioni che ci conducono alla scoperta di popolazioni e città della regione andina e dei territori vicini. E’ così che si è rapiti dal fascino della scoperta di luoghi esotici, sovente raggiunti a fatica e mediante l’uso di mezzi inadeguati. Ed ecco che, tra una visita a Caracas ed una a Bogotà, spesso, ci si ritrova col fiato sospeso “accanto” agli indomiti professori, ora impegnati nella percorrenza di sentieri montani impervi, ora provati per aver azzardato lunghi ed estenuanti itinerari.. magari nel tentativo di attraversare in fuoristrada le foreste venezuelane, o di azzardare il sorvolo della cordigliera su velivoli ai limiti dell’affidabilità! E proprio l’ardimento dei protagonisti è ciò che emerge con tutta evidenza dal romanzo. Sì, perché Isabella e Rolando, complice la giovanissima età, sfoderano in questa mirabile avventura qualità non comuni, quali determinazione, impegno e spirito di iniziativa esemplari!