Questo ultimo romanzo, “Il giardiniere solitario”, ispirato dal mito di Sisifo, mette in contatto il verosimile con l’inverosimile e descrive dei comuni orrori moderni con gentilezza d’animo e spirito vagabondo. L’autonomia delle singole voci dei personaggi, in un preciso tempo storico, lo rende inafferrabile, come un sogno senza sonno, terribilmente intenso e preciso. Una parodia ludica e agghiacciante che guarda la possibilità futura, per gli esseri umani, di essere artefici del proprio destino. Un sottile humour nero è il filo sottile che lega la trama. L’anziano professore Prospero Maresotto, riflessivo, alla ricerca della calma Zen e della metafisica delle cose, mentre intorno a lui tutto sembra crollare, si trova ad affrontare contemporaneamente una catastrofe naturale, nella quale viene coinvolto per la sua competenza ambientalista e antropologica, e un parossistico disastro familiare. Una galleria di personaggi, inquieti e stralunati, gli fa da cornice, aspettando il suo aiuto che il professore, sincero fino al midollo, non riesce a garantire. Il simpatico Commissario di Polizia, Giampiero Cuzzuppoli, nel fiore della sua energia, insegue la contorta e ambigua pista, che conduce alle colpe contro il professore Maresotto destinato a diventare il capro espiatorio e la vittima predestinata di una società corrosiva.
Il romanzo è una metafora del nostro tempo dove per esistere occorre stare sul palcoscenico e urlare, dove il denaro è spesso parassita di se stesso, dove la riflessione viene fuggita come la peste, dove una rumorosa babele superficiale non permette alla verità di emergere. La vita non è una carriera ma un continuo apprendimento. Prospero gentile, aperto agli altri, ragionevole, dialogante, impersona i valori buoni della civiltà occidentale mentre suo figlio Tuccio impersona l'insolenza anti accademica e un'attitudine alla protesta illogica e demolitiva.Tanto che distruggerà il padre senza alcuna giustificazione.