Il vento soffia, parlando nella propria lingua. Nessuno sembra conoscerla, eccetto una bambina: dialogano a lungo, il vento e la piccola Julia, contenti dell’esclusivo e reciproco intendersi da cui sono entrambi animati. Julia ha quasi nove anni e vive in un paesino dell’Alto-Adige. Non parla bene né l’italiano né il tedesco e spesso non riesce a esprimersi. I suoi genitori sono i proprietari di una baita fra le montagne e lei ha imparato a osservarne i clienti, inserendoli in un mondo di fantasia tutto suo in cui ognuno ha una propria identità. I nomi propri spariscono, perché i personaggi reali filtrati dalla sua immaginazione divengono il Grigio, il Vecchio Alpino, il Sindaco detto-il-Tondo, e tanti altri. La storia inizia durante una notte di tempesta, in cui gli escursionisti sono costretti a cercare rifugio nella locanda dei genitori di Julia. Lei ascolta il vento, che canta tra le montagne, e studia gli avventori. Quella pare una sera come tante, ma poi tutto cambia con l’ultimo arrivo, quello del Vecchio Alpino: un eremita dalla fama oscura, molto diverso dagli altri. Egli è intenzionato a instaurare un dialogo, che si articolerà pian piano lasciando emergere l’interiorità di ciascuno. L’indagare se stessi nel tentativo di approfondire le vicende umane, sia nell’intimità del singolo che nella condivisione, è l’elemento caratterizzante del testo. Ma il romanzo si sviluppa in due direzioni: una è la storia all’interno della locanda, l’altra il suo vagare. La storia diventa un racconto errante, tratteggiata dai suoi spazi vuoti e narrata da molteplici voci diverse.