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Qualcuno mi ha ucciso

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Un incidente automobilistico, l’articolo di un giornale, una ragazza in un pozzo: questi sono gli elementi che fanno da incipit alla narrazione i cui fatti sono riconducibili a una storia di violenza.  La verità (intesa come denuncia) si mescola alla fantasia di chi scrive per lasciare posto al perdono e alla speranza di dare dignità alla sofferenza e suscitare, nel lettore, quel profondo e umano senso di “pietas”. A raccontare è la protagonista che, nell’ultimo tratto di vita, spesso in modo anche disordinato, ripercorre le tappe più salienti della sua breve esistenza; nel risalire quel sentiero già calpestato per inseguire i suoi carnefici e deciderne la fine, il presente si mescola al passato in un gioco di ricordi a volte più recenti, a volte più remoti. I flashback sono legati all’emotività del momento, al tempo che scorre inesorabile, alla lotta intima tra un corpo che vuole smettere di soffrire e uno spirito inquieto che chiede conto alla vita.

Un romanzo che lascia senza fiato sia per la trama che per l'intrecciom.LA drammaticità dei fatti narrati lasciano spazio a momenti di poesia che ricorda Alda Merini. LA narratione scorre veloce perchè il letto si sente con coinvolto, verrebbe essere in quel pozzo per aiutare la protagonista

Maria [23/10/2018]

Ottimo libro. Complimenti!

Angel734 [14/07/2017]

Mi fa piacere pubblicare la recensione di Elena Nigro sul mio romanzo e ringraziarla. Vi aspetto il 5 alle ore 18,00in Biblioteca Archimede a Settimo Torinese Molto forte,drammatico, è stato usato un linguaggio perfetto per sottolineare la tragicità di questi eventi. Ho avuto un senso di angoscia,amarezza, ma se questo vi è stato,significa che è è stato scritto molto bene, altrimenti non mi sarebbe arrivato così diretto. Il linguaggio è stato lineare e semplice proprio per arrivare a tutti. Adria ha avuto una vita difficile e triste so che molte volte è dura opporsi, anche se in alcuni casi fa rabbia vedere le persone che non reagiscono .(magari il libro servirà anche a spronarli)Per il tema trattato L'autrice non poteva fare di meglio, é stata brava e la cosa positiva di tutta questa storia è, che con il suo libro ha reso Adria immortale.

Elena Nigro [03/05/2017]

Una brutta storia dalla quale nasce un bel romanzo, crudo e doloroso. L'ho proposto ai miei allievi e ho invitato l'autrice a raccontarlo a scuola, L'otto di marzo...una bella esperienza per i ragazzi e per tutti gli intervenuti, credo anche per la Levato.

Clemente [30/03/2017]

un libro che racconta in modo coinvolgente una tragedia.

beppe levato [14/03/2017]

E’ una storia avvincente scritta con ricchezza di particolari e stati d’animo descritti in maniera addirittura ossessiva; il tutto accompagnato da una prosa puntuale ed esaustiva. Una volta iniziata la lettura si resta coinvolti e si è presi dall’ansia di capire come è andata e non si vede l’ora di arrivare alla fine sperando che tutto, alla fine, si rivolga al meglio e, come nelle favole: “vissero a lungo felici e contenti”. Non è ovviamente così; il continuo rivolgimento di fronte tramite innumerevoli flash back ci sprofonda sempre di più in una vita vissuta in modo incredibile ed intenso. Non ci sembra possibile che ci possano essere persone costrette, loro malgrado, a subire tutta la serie di violenze e, addirittura essere così distruttivi verso sé stessi, il proprio fisico e modo di pensare. I continui ricordi si accavallano in maniera ossessiva e danno la misura di come la vita degli individui possa essere modificata dalla malvagità del comportamento ed accanimento delle persone e, soprattutto, in presenza di un soggetto che appare debole ciò si acuisca: quanto più appari vulnerabile ed indifeso, quanto più la malvagità raggiunge livelli incomprensibili ad esseri umani “cosiddetti normali”. E’ addirittura difficile da capire che tutto questo possa essere reale, ma la scrittrice riesce a rendere le situazioni come in un film dove gli interpreti recitano e ciò che dicono viene avvalorato e sottolineato dalla scena nella quale i fatti si svolgono ed è la vista che completa il racconto. La conclusione, nella sua logica stringente, fa risalire la causa primaria alla violenza subita in famiglia che segnerà tutta la vita della persona, dei suoi famigliari, dei suoi amici e vanifica ogni riscatto. Sono, ricorrenti, dei barlumi di normalità che non si sviluppano, come se la maledizione primordiale li facesse miseramente abortire e subentra la rassegnazione ad uscire quanto prima da questo mondo ormai irrimediabilmente segnato. La considerazione finale, purtroppo, è come sia possibile che esistano situazioni e persone simili. La cronaca però conferma tutti i giorni che queste situazioni esistono e, addirittura, vengono giustificate da donne in virtù di chi sa quale “missione” da compiere per “redimere il violento”. Ne consiglio la lettura.

Roberto [15/01/2017]

Straordinario ed avvincente. Fa riflettere molto sul tema della violenza sulle donne...tema purtroppo troppo e sempre attuale. Bravissima autrice sa ricreare stati d'animo difficili e inimmaginabili con grande competenza e stile.

ADY80 [26/11/2016]

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