Partendo da un’esperienza diretta all’interno della Casa Circondariale “Don Bosco” di Pisa, ho cercato di sviscerare le principali criticità del sistema penitenziario italiano. Inoltre, ho provato a restituire al lettore le atmosfere che si respirano in carcere. Se in passato quello della reclusione era un tempo “sospeso”, da impiegarsi senza finalità alcuna, se non quella di scontare il proprio debito con la società, oggi è il tempo della rieducazione e del trattamento. Sebbene le novità relative al potenziamento del processo trattamentale siano riuscite appena parzialmente ad incidere sulla vita della popolazione detenuta, non è detto che ci si debba rassegnare ad una cieca accettazione dello status quo. Pur in assenza di un’organica programmaticità, infatti, il singolo operatore può intervenire con le sue competenze e attitudini personali a colmare le lacune del sistema. Per questo motivo, ho cercato di illustrare tutti quegli aspetti e quelle competenze che fanno degli operatori del trattamento le figure in grado di sovvertire il destino del detenuto. Nel nostro Paese il tasso di recidiva permane sempre molto alto e questo, oltre a favorire un clima di insicurezza sociale, comporta una lievitazione della spesa pubblica. Ecco che si rende necessario, a mio avviso, insistere sull’importanza del trattamento, che se eseguito con professionalità e competenza, potrebbe essere la chiave per abbattere la recidiva, a beneficio della sicurezza sociale e con un conseguente, notevole, risparmio per le casse pubbliche. Infine, ho redatto un’appendice sulle tecniche di colloquio da utilizzare nel relazionarsi ai detenuti, concepita come una sorta di piccolo manuale in particolare per gli operatori del trattamento.