Avevo circa 6 anni quando sfogliando la rivista brasiliana “O Globo” rimasi senza parole e con il fiato sospeso davanti alla figura della maschera del re bambino TutAnkhAmon e da allora la mia passione per l’Egitto non ha avuto un minimo cenno di cedimento. Ciò che si racconta in questo breve scritto riguarda una mia personale idea di come è stato possibile costruire quegli enormi edifici di forma piramidale e quali espedienti sono stati utilizzati per portare i blocchi a diversi metri di altezza. Sono sempre stato contrario all’idea che la storia sia fatta di marcatori temporali che stabiliscono le ere dell’evoluzione umana i nostri antenati siano soltanto degli espedienti usati per una sorta di semplicità scolastica che tende a impacchettare l’apprendimento, l’ingegno e in generale l’evoluzione in recipienti ben chiusi e distinti tra loro. Ritengo, invece, che l’evoluzione in generale e i recipienti ben chiusi sono in realtà dei vasi comunicanti pronti a tramandare l’esperienza e gli insegnamenti senza soluzione di continuità. Mi è difficile credere che gli antichi Egizi, dopo tutto ciò che sono stati in grado di tramandarci, non fossero a conoscenza di un qualche strumento in grado di sollevare i pesanti blocchi di calcare. Tra l’altro nel Libro dei Morti dell’antico Egitto viene rappresentato un elemento che potrebbe rappresentare l’evoluzione di un qualcosa di simile, ma più in grande, usato in epoche ancora più antiche: una semplicissima bilancia a due piatti che ci conferma la loro conoscenza del concetto di equilibratura dei corpi.
Wow.. Complimenti grande Maurizio