Sempre ho percorso, in quarant’anni di magistratura, la via della giustizia, con tante illusioni e delusioni. L’ho cercata con un faro che ha illuminato il cammino, ma sono ancora qui ad aspettare oltre i limiti del tempo finito. Non ho paura di ricercarla usque ad finem, cammino al suo fianco, pur non potendo negare che, a cominciare dal processo di Socrate e, soprattutto, da quello di Gesù di Nazareth, la storia abbia registrato molteplici ingiustizie e tradimenti. L’idea di giustizia continua a darmi la forza di credere, di non abbandonare quel cammino, nonostante i tanti casi giudiziari irrisolti, in parte evidenziati nel libro che vuole essere, soprattutto per i giovani, l’arcobaleno gettato al di sopra del ruscello precipitoso della lunga serie di ingiustizie che sono state causate dalla corruzione imperante e dai rapporti tra mafia e politica. L’amore per la giustizia e per la Costituzione mi invita ancora a credere che la spada della giustizia, rappresentata nella Favola delle Api di Bernard Mandeville, non continui a colpire solamente i disperati, per dar sicurezza a ricchi e potenti, e che, benché bendata, ma pur sempre famosa per la sua imparzialità, non smarrisca tutti i sensi e non sia, come nel tempo passato, corrotta dall’oro per colpire con la spada, secondo la rappresentazione di Edgar Lee Masters,“ora un bimbo, ora un operaio, ora una donna che tentava di ritirarsi, ora un folle”, mentre l’ingiustizia ride di lei e siede con i pan sui troni dorati.