“Abbiamo tutti le nostre macchine del tempo. Alcune ci portano nel passato, e si chiamano ricordi. Alcune ci portano nel futuro e si chiamano sogni.” Jeremy Irons
L’attuale società globalizzata è stata attraversata a cavallo del millennio da enormi cambiamenti grazie o a causa della digitalizzazione sempre più presente nella vita dei cittadini di tutto il mondo. Una vera e propria rivoluzione partita da Albuquerque nello stato del New Messico, consolidata a Seattle nella Silicon Valley, per avvolgere e stringere tutto il mondo, in un’unica rete attraverso Internet. “L’orologio di Jeff” cerca di dare una risposta, senza trascurare i lati nascosti di questo processo, analizzando i pregi e i difetti di una rivoluzione digitale tuttora in atto. Percorrendo le scelte industriali dei CEO di Apple, Amazon, Google, Microsoft da una parte (USA) e Alibaba e Tencent (Cina) dall’altra, con l’Europa in mezzo, sprovvista di armi digitali (motori di ricerca, e-commerce, sistemi operativi) in balia dei due colossi. “L’orologio di Jeff”, che è poi quello dei 10.000 anni, che Bezos al prezzo di 42 milioni di dollari, sta facendo costruire all’interno di una montagna, di sua proprietà, in Texas, diventa lo spunto per riflettere sul trascorrere del tempo, e nell’orologio si trova la risposta, per comprendere come hanno fatto sei multinazionali americane e tre cinesi, a imporre a tutto il mondo, questa rivoluzione.