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Sulle origini della civiltà

 
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Quando si parla di “storia” si parla della storia dei popoli e/o delle Nazioni da quando gli eventi sono in qualche modo documentati. Resta fuori la Preistoria, di cui si hanno tracce, resti, pitture rupestri e poco altro. La Preistoria è l’epoca dell’uomo di Neanderthal, dell’Homo sapiens; in sintesi degli ominidi più che degli uomini. Di essa poco si sa. È toccato a due grandi pensatori di colmare questo vuoto: Vico e Rousseau. Il primo col suo genio ha dato vita a una Nuova Scienza che poggia salde basi sui miti (visti come documenti storici), sui linguaggi e sugli strumenti e princìpi che i suoi studi gli offrivano (lo studio dell’uomo, le sue facoltà, la sua mente). La sua storia nasce da una grande intuizione, ovvero che “la scienza di questo mondo naturale, del quale, perché Iddio egli fece, esso solo ne ha la scienza (mentre il mondo) delle nazioni, o sia mondo civile, del quale, perché l’avevano fatto gli uomini, ne potevano conseguire la scienza gli uomini” (ed è questo il principio del “verum ipsum factum”). Da tale pensiero  è nato un libro che descrive i secoli oscuri della Preistoria. Ne è nato un quadro fatto di storia, di filosofia ma soprattutto di poesia intesa come “poiein” (creazione), anche descritto con afflato poetico. Lo stesso Rousseau ricostruisce il passato che comincia  dall’uomo primitivo per, poi, seguire le fasi della civilizzazione. Pertanto, anche Rousseau ricorre alla poesia quando descrive tale uomo al suo affacciarsi nel mondo e lentamente svilupparsi. Ma in Rousseau questo suo “civilizzarsi” è solo fonte di aspetti negativi; l’uomo di oggi è visto in negativo, in preda ai vizi e alla malvagità, mentre il buon selvaggio ci appare come semplice, naturale, di pochi bisogni, privo di quelle sovrastrutture che lo hanno reso “un essere cattivo rendendolo socievole”. Il punto di arrivo di entrambi è lo stesso, ma le strade sono diverse: per Vico l’uomo guidato dalla provvidenza approda alla civiltà (da intendere come istituzioni civili, ovvero la religione, i matrimoni, le sepolture [v. Foscolo, I sepolcri]), proprio in grazia della sua socievolezza naturale; Rousseau, dal suo canto, arriva alla civiltà in grazia di un accordo razionale tra gli uomini (il c.d. contratto sociale). Il libro offre spazio anche alla visione di Hobbes.

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