Quello del cavalluccio marino è uno strano caso della natura, i maschi di questa specie, infatti, sono unici nel loro genere, perché si occupano in maniera totale della loro prole. Le femmine di ippocampo depongono le uova nel marsupio del maschio e se ne vanno, lasciando che sia il padre a portare avanti la gestazione, fino a che le uova non si schiudono. Questa metafora è perfetta per rappresentare il rapporto padre-figlio, che si stabilisce quando la figura materna risulta essere fragile oppure assente. Un padre la cui esistenza è stata sconvolta dalla malattia della moglie e che ha dovuto sostituirsi a lei, in tutto, diventando l’unico genitore capace di occuparsi del figlio di sette anni. Il percorso di Mattia è segnato da solitudine, confusione e rabbia, che solo suo padre è capace di accogliere e capire. All’origine il racconto doveva essere la traccia per uno spettacolo teatrale. Poi è arrivata la pandemia che ha reso necessario adottare una diversa forma di narrazione sulla problematica di essere genitori oggi.