L’Alcova

La storia di Emma. Una donna di mezza età, nata in una piccola città del sud Italia, non ben definita. Una vita semplice all’apparenza. Un lavoro rispettabile, una vita solitaria. La sua riservatezza nasconde però una personalità complessa. Il suo stato di inferiorità, quello dell’essere grassa, come lei si definisce, nasconde un rapporto difficile con sua madre. Il cibo rappresenta la sua vita, la sua passione. Impara a gestirlo e a controllarlo. Lo stereotipo della magrezza come bellezza viene metabolizzato in modo del tutto personale da Emma. Le sue varie sfaccettature, come donna che cucina, che seduce e che vive una vita dignitosa e rispettabile, sono nettamente divise e sconnesse. Tre personaggi che abitano una sola anima inquieta. Le sue avventure amorose rivelano il suo spirito edonista ed esibizionista. Non si percepisce davvero la sua debolezza, anzi, le sue fragilità diventano punti di forza e di effetto. Una continua lotta con il mondo esterno che sente estraneo, lei che è quasi misantropa e molto teatrale. Emma è una donna che non ha paura di amarsi e di accettarsi così com’è. Un viaggio introspettivo di un personaggio femminile che in questa era, fatta di plateale condivisione di tutto, prova a riparlare di privacy, di riservatezza, della bellezza del tacere, del nascondere. Un tentativo di staccarsi dall’omologazione, dal senso comune della volgarità e del consumismo. Una donna forse poco moderna, ma molto attuale e attenta al bello che la circonda. Il suo cibo è quello non solo che nutre il corpo, ma tutti i sensi, compresi quelli meno sviluppati, come l’intuito e l’istinto, mortificati da un mondo rumoroso e poco attento alle diversità. Il suo rapporto con gli uomini rivelerà la sua parte seduttiva e calcolatrice. La sua vera anima la condivide con i suoi fantasmi e soprattutto con la sua arte del cucinare e trasformare il cibo.