Ha sempre nutrito un interesse per la narrativa, tenuto in sordina, ma coltivato durante il tempo libero. Italo Calvino, è la principale fonte d’ispirazione, ammaliato dal genere di narrativa mitico-fiabesca di questo grande narratore, così coinvolgente, con evidenti richiami ad una realtà di cui denuncia vizi e contraddizioni. Un giorno decide di provare, con molta umiltà, l’esperienza di narratore. E così scrive una storia dai contenuti fiabeschi, in alcuni tratti esoterici e misteriosi, ambientata nel lontano ma ormai così vicino oriente.
Nel racconto si narra una storia ai confini tra realtà e fantasia, ispirata ad antiche narrazioni di contadini che vivevano in un grande paese trasudante di cultura, folklore e tradizioni. Una storia popolare intrisa di leggenda e verità in cui il fantastico e il realistico si fondono insieme in un universo immaginario. Un racconto ambientato in un epoca lontana in cui si narra una storia accaduta in un paese cinto da mura fortificate, circondato dal mare e solcato da acque fluviali. Si narra che un tempo in quella regione regnasse un imperatore del cui nome non si fa menzione. Un antico territorio, dove ancor prima della nascita del primo sovrano, le genti si aggiravano nelle foreste a caccia di animali e radici di cui nutrirsi. Poi venne l’epoca dei grandi regnanti che insegnarono a coltivare i campi con l’aratro, a curare i malati con piante medicinali, a leggere e a scrivere, a far propria l’arte e la scienza. E venne l’alba di una grande civiltà. Così ebbe inizio un florido periodo imperiale da cui presero origine numerose grandi dinastie. Nell’ultima reale discendenza il territorio fu suddiviso in governatorati, distretti e borghi, a capo un governatore scelto dall’imperatore, adorato come una divinità. La religione di quel popolo, ispirata ad un culto vedico di ispirazione sciamanica, era predicata da numerosi sacerdoti. Su alte montagne svettavano maestosi monasteri, templi sospesi nel cielo, uno spazio di preghiera con stanze scolpite nella roccia che ospitavano sacre statue consacrate fatte in pietra e terracotta ma anche in ferro e bronzo. In una miriade di piccole cappelle, sparse per le campagne, si veneravano grandi idoli in legno di quercia con la testa di animali. I fatti raccontati nella storia, accaddero in una regione insediata in quell’ ampio territorio dalle grandi montagne e colline, con tanti borghi vicino al fiume, altri arroccati su verdeggianti colline. Una storia narrata dalla gente comune con passione e semplicità, come quella di due contadine legate dallo stesso sangue, entrambe innamorate di un giovane dissennato che di loro approfittò, morte per amore non si sa come più di mille anni fa. Si dice che ancora oggi, ragazze di ogni età, continuino a venerare gli spiriti delle due sventurate portando al tempio dove sono custodite le spoglie, rotoli di carta di riso su cui sono trascritti i loro segreti, amori, frammenti di canzoni nostalgiche, talvolta perfino malsani desideri di abbandonare la vita. Ebbene, quelle preghiere mai nessun uomo è riuscito a leggerle, a comprenderne il significato, perché sono scritte con un linguaggio a essi sconosciuto. Una lingua unica con una missione salvifica, un insieme di simboli e parole misteriose : l’ineffabile linguaggio delle donne.