Quante cose non sapevo io dell’Africa e quante cose l’Africa non conosceva di me. L’Africa non conosceva il mio essere incessantemente irascibile, non sapeva del mio essere perennemente malinconica, non sapeva del mio essere continuamente in contraddizione con l’ingiustizia e con ciò che c’era di ordinario nella mia città. L’Africa non sapeva dei miei sabato sera, chiusa a casa mia, isolata da tutti, da tutti quelli che andavano in discoteca a ballare e a imbottirsi di coca e drink. L’Africa non sapeva dei miei giorni bui, e quanto ogni volta volessi passassero in fretta certe ore, quando mi sentivo sola ma, allo stesso tempo non gradivo stare con qualcuno. Dunque, l’Africa non sapeva nulla di me, e io nulla dell’Africa, io stavo avendo l’opportunità di conoscerla, e intanto speravo che la stessa, non mi avesse conosciuta mai realmente. Speravo che quella ventenne fosse rimasta in Italia, chiusa in casa sua come sempre e inevitabilmente fu così perché, conoscere l’Africa vuol dire lasciarsi alle spalle, il ricordo di chi si era prima di esserci arrivati. Dall’Africa non si ritorna mai gli stessi che si è partiti. Ti cambia radicalmente. Ti cambia per sempre.