È Ramatoulaye a scrivere la lunga lettera alla sua amica lontana Aïssatou durante i quaranta giorni di lutto che una donna senegalese deve osservare, senza uscire di casa, dopo la morte del proprio marito. Rievocazione del passato, analisi degli errori propri e altrui, lenta ricostruzione dell’anima, che rimette insieme i cocci per una rinascenza: questi gli elementi presenti nel romanzo epistolare. Ramatoulaye vive la solitudine forzata del lutto come un’occasione di raccoglimento, il momento in cui si abbandona il chiasso del mondo esterno per pensare solo a sé e, sebbene abbia patito diverse ingiustizie, non cede alla facile tentazione della vendetta, né al rancore, perché sa che sarebbero fonte di ulteriore amarezza, ben misero risarcimento. Le due amiche hanno studiato, hanno scelto i loro uomini per amore, sono state pioniere di una società che cambia, in fermento, si sono distinte nel lavoro, poi, tradite e deluse, hanno trovato rimedio al dolore e allo sconforto, ricominciando da capo. Sia Ramatoulaye che Aïssatou trovano il loro riscatto nei libri, nell’istruzione che hanno ricevuto, in cui credono e che, l’una come insegnante, l’altra come ambasciatrice, contribuiscono a diffondere.