È più facile annuire che dissentire. L’uomo, nella sua evoluzione, ha trovato spesso più comodo affidarsi alla fideistica magia e alla divinazione, piuttosto che affrontare il problema, di per sé intricatissimo, e cercare comunque una soluzione razionale, dove di razionale ben poco traspariva. Cercare di usare ciò che di più “sacro” egli ha per dissacrare e dissecare il sacro e anche per rendere omaggio proprio a quel “sacro” da cui ha ricevuto il “sacro” intelletto, cioè la capacità di dissacrare e dissecare. L’offesa più grande che si possa fare all’artefice dell’intelletto è: il non usarlo volutamente o per comodità o per pigrizia, ignorare la possibilità che esso ha raggiunto per dipanare l’ignoranza che, altrimenti, albergherebbe in quel “sacro dono” sprecato e non valutato per quello che effettivamente è o che significa. L’intelletto umano è un infinitesimo dell’universo capace, però, di contenere l’Infinito universale: in ciò consiste la sua vera “sacralità”.