L’autore affronta il problema dell’anima, alla luce di recenti, e anche non recentissime, conquiste della scienza, dall’antropologia, alla biologia neoevoluzionistica, alla genetica e alla endocrinologia. Contestando le versioni correnti insegnate nei catechismi religiosi “sull’anima”, fin dall’infanzia, l’autore sostiene che la natura psichica “memica” di essa, si genera attraverso la selezione-evoluzione ai fini della sopravvivenza. Essa manifesta nell’uomo anche il desiderio che le sapienze accumulate in vita (nel bene o nel male) restino a disposizione dei successori, anche dopo la morte, affinché confluiscano nelle meme-culture alla salvaguardia della specie Homo Sapiens, cioè delle civiltà che finora ha costruite. Da qui il “desiderio d’immortalità”. Questo sentimento ha natura endocrina genetica. Alcuni geni infatti codificano alcune note sostanze ormonali fautrici di solidarietà, amicizia, amore, altruismo. Questi veri e propri “ormoni dell’amore” premono perché le esperienze e le scoperte di una vita collaborino nella salvaguardia dell’umanità. L’uomo ama la sua specie.