Mi alzai sulle pedane, e su entrambi i lati oltre la coltre erbosa, scorsi i primi palazzi, enormi e pieni di finestre, buie e vuote come profondi occhi neri che dall’oltretomba incombevano minacciosi su di me. Come se tutto, in questo posto senza vita, fosse in realtà dotato di un’anima senza pace che non mi voleva lì. Una sensazione terribile, indescrivibile, da lasciare senza fiato chiunque si fosse trovato a vagare in questo labirinto di alberi e case perso nel nulla.