Donne venute dalla luna

“Quattro racconti, le vite di quattro donne della prima metà del secolo scorso, sembra un’eternità, e invece è solo un attimo fa, basta voltarsi indietro ed eccole apparire: Emma, nata in una Sicilia antica, unica figlia sopravvissuta ad una famiglia ligia alle convenzioni di lignaggio e quindi fragile sotto il peso del senso di colpa che a volte sembra avvincerla; la timida Alice, nata in epoca fascista in una Roma nera e maschile; Bianca libera e indipendente fino alla fine; Flora la cui sensualità sconvolge il mondo piccolo della Sicilia in cui vive; figlie di rispettive madri, talora forti e protettive come rocce granitiche, a volte evanescenti come specchi incrinati e incapaci di riflettere la luce. I quattro ritratti sembrano riassumere  i tanti sé dell’autrice che è un po’ tutte loro, segnata dalla luna come lo sono tutte le donne, ne siano o meno consapevoli. Di qui il procedere del discorso per frammenti, a volte brevissimi, una fuga di immagini folgoranti, come quelle all’inizio di ogni racconto in cui l’autrice ci invita a riconoscere i tratti delle donne, di forte impatto visivo, che scorrono davanti agli occhi come su uno schermo, come fotogrammi legati tra loro secondo un montaggio quasi cinematografico. Protagonista di ciascun racconto è anche lo sguardo che l’autrice volge alle sue donne, talora accarezzandole per respirarne la capacità vitale, talaltra stabilendo una protettiva distanza, per difendersi dal loro dolore, come da un dolore cosmico che le donne portano dentro dall’infinito tempo. Con il risultato che la materia biografica è sottoposta ad un processo di frammentazione che ovviamente destruttura il racconto: poi, improvvisamente, quando la tensione è al culmine, il discorso si distende, concede il giusto spazio ad una vera e propria narrazione. Altri due soggetti si affermano prepotentemente nel libro: Roma nella sua splendida bellezza universale, verace e passionale come i suoi abitanti trasteverini o testaccini, la Roma dei quartieri fascisti, e quella della bella èpoque, Roma “città aperta”, e la Sicilia,forse la quinta donna del romanzo, con i suoi contrasti, i suoi colori vivi da cui emanano fragranze in grado di  obnubilare i sensi”.