Il libro narra di un lungo viaggio, a volte vero ed altre volte semplicemente introspettivo, intrapreso da me, dalla mia famiglia e dalla mia amica del cuore, partendo da un paesino del profondo sud, ai tempi ancora immerso nei suo arcaici usi e costumi: i racconti della nonna vicino al fuoco su oscuri presagi, del canto della civetta (pigula) annunciatore di sicure iatture, il mortorio, il ricunzolo, il trappito, la poesia della vita nei campi, l’amore che lega due vere amiche, ecc. Il testo parla anche dei miei dubbi verso la fede cristiana, ma soprattutto verso i ministri del culto; da qui lo scontro con mia madre, che invece di dubbi circa la fede non ne ha mai avuti. La paura verso la morte, ma più di tutto i sensi di colpa maturati a causa del mio comportamento, non sempre irreprensibile, nei confronti di mia madre stessa e della sua tremenda malattia. Infine, la gioia assoluta datami dalla nascita di mia figlia, che è riuscita a farmi fare pace con i fantasmi del mio passato e quindi con me stessa e a farmi accettare, in qualche modo, quello che tanto accettabile non è.