Una vicenda raccontata dall’Autore mediante registrazione su nastro e, a distanza di oltre 10 anni dalla sua morte, riportata in questo libro. “E tu perché sei tornato?” è la domanda rivolta da una madre che alla stazione di Trento attende i treni carichi di reduci dalla Russia e che cerca e cerca disperatamente notizie del figlio partito per il fronte quattro anni prima e di cui non sa più notizie. è questo il titolo che l’Autore dell’opera sceglie perché quella domanda fu rivolta a lui e ne fu profondamente colpito. La lettura risulta coinvolgente sin dalle prime pagine e racconta quattro anni di vita dell’autore, chiamato in guerra all’età di 19 anni come tanti giovani mandati letteralmente a morte nel 1942 sul fronte russo di Stalingrado. Il lettore viene invogliato a proseguire sempre di più nella lettura dal modo in cui si susseguono le varie fasi del racconto, dalla partenza da Taranto per la guerra, al distacco dai genitori, al periodo di addestramento a Milano, alle sue nuove amicizie, al lungo viaggio per il fronte in carri destinati al bestiame, alla battaglia di Stalingrado, alla disastrosa ritirata, alle donne che lo hanno aiutato a salvarsi da malattie che lo avevano portato fino al rischio della vita e, infine, al rientro a casa fra i pochi fortunati. La speranza di sopravvivere gli ha dato sempre la forza di resistere, superando tutto quanto ha potuto, anche la malvagità dell’uomo, e non sono mancati episodi di solidarietà e di sofferenza per gli amici che non ce l’hanno fatta.
Eccezionale testimonianza di una pagina importante della nostra storia.
E' un libro intenso, veloce, forte. Un anno della vita di un ragazzo strappato alla sua normalità e gettato in una avventura folle e senza speranza. L'Autore racconta di quei giorni staordinari e angoscianti di cui non ha smarrito i più piccoli dettagli,con linguaggio asciutto, essenziale, sostenuto da una sottile vena ironica. Sembra che Antonio abbia scritto i suoi ricordi, tanto vivi essi appaiono e tanto giovane è la scrittura, appena tornato dal fronte. La freschezza narrativa del racconto fa risaltare in maniera drammatica l'atrocità delle vicende narrate. Il libro è una preziosa testimonianza in prima persona sulla barbarie e stupidità della guerra.
Un libro straordinario di un realismo straordinario ed emozionante sino alla commozione non ricercata ad arte ma trasmessa dal cuore dell'autore ai lettori . Una sapienza narrativa inimmaginabile.
Un viaggio attraverso gli occhi di un ragazzo costretto a rinunciare agli anni migliori della propria vita per combattere una guerra non sua, e che ha dovuto affrontare la paura, la fame e la malattia per tornare a casa. Un punto di vista su un argomento che troppo spesso viene trattato attraverso stereotipi e luoghi comuni. Una narrazione semplice che arriva dritta al lettore, con il giusto mix di pathos e ironia che non annoiano mai.
Non sono amante del genere, ma questo libro l'ho letto tutto d'un fiato. Meraviglioso!
La dura materia storica è trattata con sapienza e senso della misura. Il racconto è godibile perchè associa e alterna, con abilità e bravura, vari registri stilistici, da quello lirico a quello epico, da quello umoristico a quello della riflessione morale che sa evitare il pericolo della retorica, sempre incombente in molte memorie di quegli anni terribili. Ci sono passi memorabili che fanno venire in mente pagine di Primo Levi o di Giuliano Bedeschi, per la precisione lessicale e soprattutto per il senso di "pietas" rivolta a cose ed esseri umani travolti dalla barbarie della guerra. Anche l'uso sapiente dell'umorismo e dell'autoironia, allentando opportunamente la tensione di molte drammatiche situazioni, contribuisce a imprimere nella memoria un'esperienza umana emblematica dell'orrore e della capacità umana di resistenza.
Ottima biografia, dovremmo leggere più spesso questi testi per farci capire chi eravamo e chi siamo. Siamo italiani senza memoria e senza umanità.