Consigliato ad un pubblico 16+
“Bricconi, bricconcelli… e un bravo ragazzo” non è una raccolta di fiabe – perché non ha fini moraleggianti e didattici – non lo è neppure di favole – che sempre partono male e finiscono bene, si tratti di Cenerentola e della sua scarpetta o della Bella addormentata nel bosco. Sono brevi racconti e, come ogni racconto che si rispetti, hanno un inizio e una fine. Alcuni possono essere letti come satire di costume, cronache di ultima pagina, altri come sunto di diari, cui può attingere solo la memoria del personaggio narrante.
I bricconi portano il lettore a concludere che tutto il mondo è paese, anche se le modalità per raggiungere gli scopi truffaldini differiscono, poiché sono diversi i metodi adottati per impossessarsi a prezzo stracciato di una casa avita sulle Prealpi, “La tribulina ai quattro cantoni”, o di una villa nobiliare con parco in Trinacria in “Conserva di pomodoro e Sant’Agata”.
I bricconcelli, fra essi il giovane Cicci che con “Le ragazze di San Fereolo”, sospinge a emulare le sue imprese amatorie. Poi, l’avventura di Lele, Luigi e “Le petit garçon, maman et mémé”, che incrociano sulle nevi dell’Alta Savoia.
Il bravo ragazzo, incarnato in “Riccardone” e nel personaggio quando narra in prima persona, o fa capolino in varie parti, specie negli ultimi capitoli del testo.
Questi e altri racconti parlano di ciò che avveniva in un’epoca non molto lontana nel tempo, oggi quasi dimenticata nella continua rincorsa per adeguarsi a comportamenti e principi etici “moderni”. Ma, forse, questi grandi mutamenti sono solo apparenza o voglia di essere à la page, mentre il sentire emotivo dell’uomo comune – del bravo ragazzo – non è cambiato poi tanto.